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The Wall - Pink Floyd - Avidità e manipolazione

5 modi per capire se un blogger ti sta facendo perdere tempo

[message_box type=”info”] Preambolo: sono quasi certo che sto per attirarmi le ire di molti e che, altrettanti, decideranno di non seguirmi più sul blog e sui social ma io sono uno che bada alla qualità, anche delle persone. [/message_box]

Fare SEO e parlare di SEO sono due cose diverse

La SEO è bella perché è varia.

  • Ci sono (fortunatamente tante) persone che fanno SEO il 90% del tempo, e il nel rimanente 10% scrivono articoli sulla SEO.
  • Ci sono (altrettante) persone che fanno SEO (e nemmeno tutti fanno SEO) il 10% del tempo, e il 90% scrivono articoli sulla SEO.

Per quanto scrivere, in sé, sia un cosa bellissima (ve lo dice uno che in periodo di esami di maturità, piuttosto che preparare adeguatamente la tesi [di cui in seguito scoprirete l’argomento], girava le case editrici per farsi pubblicare un romanzo), scrivere bene è un’altra cosa.

Scrivere bene e apportare un reale valore aggiunto al lettore, è un mondo a sé.

[message_box type=”alert”] Vi fidereste di un medico che opera solo il 1° di ogni mese e che passa tutti gli altri giorni a scrivere articoli su “come si opera“? Non sarebbe paradossale? [/message_box]

Cosa serve per scrivere qualcosa di utile

Per scrivere un articolo interessante e di qualità, che possa fornire realmente concetti e idee utili al lettore, c’è bisogno, secondo me, semplicemente di 4 cose:

  1. prima di tutto serve il nucleo dell’articolo: un argomento consueto ma da rivisitare //  un argomento hot o di grande interesse // semplicemente un nuovo argomento da esplorare //
  2. una tesi personale sull’argomento che, magari, è originale // alternativa // interessante // innovativa //
  3. la tesi necessita di supporto, ossia argomentazioni // media // risultati // test // citazioni // testimonianze // ecc // di qualità che devono-dovrebbero essere: mai scontate // lunghe e dettagliate // eye popping // divertenti // irriverenti o sconvolgenti // ecc //
  4. una volta che l’articolo è pubblicato, il post-publish è importante quanto il pre. Un’articolo, se è interessante, smuove le acque e spinge i lettori a // commentare con approvazione // commentare con disapprovazione // condividere sui social // commentare con idee antitetiche // ringraziare // proporre nuovi argomenti // proporre nuove tesi e argomentazioni sullo stesso argomento // contestare le argomentazioni // ecc //. In questa fase, quindi, è importante confrontarsi con l’utenza per dare una risposta a tutti, cercare di portare valore alla propria tesi smontando e confutando quella altrui e, se ci si accorgesse di un proprio errore o della maggiore validità della tesi di un altro, bisogna essere pronti a smentirsi // mettersi in gioco // cambiare idea // ringraziare gli altri di questo. (questo metodo basato sulla prontezza al cambiamento è abbastanza famoso)

Questi semplici punti sono sufficienti per creare un contenuto che io stesso sarei felice di leggere, condividere e commentare. Purtroppo, però, ci sono dei colleghi che, più o meno intenzionalmente, trasformano la lista precedente, in quest’altra:

  1. Ideazione dell’argomento
  2. Creazione di un testo “riempitivo” relativo all’argomento scelto
  3. Il post-publish è il monitoraggio dei guadagni AdSense

Qualcosa è utile se il suo scopo è dare un contributo, e non guadagnare per sé

Qui dobbiamo fare un piccolo appunto: ci sono molti colleghi che, oltre a gestire i siti dei clienti, creano siti e portali personali che generano dei guadagni monetari tramite AdSense (o altre forme di affiliazione). Tanto di cappello!

Se, tramite il nostro lavoro, riusciamo a creare dei siti “interni” che macinano guadagni con AdSense grazie a paginette posizionate sui più svariati settori, c’è solo da andarne fieri =)

Il problema di questa “smania del guadagno a tutti i costi” sorge quando questo tipo di tecnica commerciale viene applicata ai nostri siti personali/agenzia. Molte persone, pur spacciandosi per SEO affermati e dalla lunga esperienza, esperti di marketing, comunicazione, visibilità, ecc, utilizzano i propri blog SEO proprio come se fossero il solito minisito “made for AdSense“.

[message_box type=”success”] Piccolo appunto personale: quando lanciai il blog su DaniloPetrozzi.it, la prima cosa che scrissi (e che ribadii attraverso un vero e proprio manifesto etico) fu il fatto che il mio blog non avrebbe mai e poi mai previsto nessuna forma di guadagno personale perché a me sarebbe piaciuto scrivere per gli utenti e non per il mio portafogli. Immerso in una blogosfera in cui la pubblicità è diventata il carro trainante di tutto lo “scibile”, vi giuro che mi sono sentito io quello “troppo diverso”, l’alieno di turno. Visto il feedback quasi carente, mentre quello di altri pseudo-portali cresceva, ho deciso di chiudere il blog e scrivere tutte le mie idee direttamente su EspertoSEO. Fortunatamente, quando si scrive per la gioia di farlo, qualche articolo tecnico e qualche articolo divertente mi hanno già dato delle soddisfazioni. [/message_box]

Scrivere articoli sulla SEO, SEM e Marketing in generale, è complicato e merita un minimo di coscienza: non può essere un settore come gli altri, utile solo fare quante più impression possibili, per aumentare il CTR sulla pubblicità!

Nessuno obbliga i bloggers a scrivere articoli molto tecnici e complessi destinati a un pubblico molto tecnico e complesso. E’ possibile parlare di tantissimi argomenti in modo molto approfondito, riuscendo a carpire allo stesso tempo i colleghi, i SEO della prima ora e anche chi si affaccia a questo settore per le prime volte.

La tesi del “scrivo post corti e di argomento semplice perché il mio pubblico è generico e poco tecnico” è una grande stronzata. Se io, a 18 anni, invece della solita tesina sulle guerre mondiali o sul bullismo o sull’adolescenza o su Giacomo Leopardi o su *altro argomento furbescamente trito e ritrito che permette di evitare domande orali su quella materia specifica*, ho scelto di fare una tesi sull’effetto placebo e nocebo dei farmaci, sugli studi in doppio cieco in ambito medico e sulla fenomenologia dell’omeostasi, significa che, se una cosa ti interessa e ti piace, anche chi ha zero conoscenze in materia si può interessare dell’argomento più astruso e complesso.

I 5 modi per capire se un blogger ti sta facendo perdere tempo

Dopo la lunghissima introduzione a questo “core” divertente, è giunto il momento di elencarvi quali sono i 5 modi per capire se un blogger ti sfa facendo perdere tempo.

Ho notato, con dispiacere, che i blog orientati al massimo guadagno, piuttosto che al massimo contributo, seguono generalmente un pattern che si ripete, una sorta di leit-motiv della scarsa qualità, che ho tentato di riassumere in questi punti.

La domanda, a cui sto per dare la mia interpretazione, è: come si riconosce un blogger che ti sta facendo perdere del tempo prezioso?

1) I numeri magici nel title

I post che generalmente hanno un contenuto inesistente, che non apportano nuove informazioni reali al lettore, e che sono ideati per garantirsi ottime impressions e ottimi posizionamenti SEO, sono tutti quei post che iniziano con un numero (o che ne contengono uno nel title). Anche questo post che state leggendo, infatti, inizia con un numero: è una palese ironia. A parte qualche raro caso, i blogger che “serialmente” (=in modo seriale) pubblicano articoli che iniziano con un numero, seguito come spesso accade, da frasi motivazionali o comportamentali, sono post che, secondo la mia modesta opinione, fanno perdere tempo. Esempi classici, che mi sto inventando, sono // 5 modi per attirare nuovi clienti // 21 cose da dire al primo appuntamento // gli 11 modi per fare più preventivi SEO domani // come posizionare un sito in 6 semplici passi // aumenta la tua visibilità sociale in 5 minuti //. Nella maggiorparte di questi casi, il contenuto di 200-300 parole è facilmente riassumibile in una o due frasi concrete. Tutto “l’abbellimento e arricchimento testuale” è utile solo per fare massa, che è totalmente inutile per il lettore = perdita di tempo. Curiosità: la query intitle:”modi per” restituisce 54.000 risultati, fate voi…

2) Gli elenchi puntati

I post che, a leggere il titolo, “snocciolerebbero” un grande argomento attraverso una semplice lista puntata sono generalmente inutili o, comunque, insufficienti. In un recente articolo sugli Anchor Text me l’ero presa con un articolo di econsultancy.com (non perché abbia qualcosa contro di loro, era uno dei primi che trovai in rete quel giorno). Ironia della sorte, quell’articolo corrisponde esattamente a questi primi due punti della mia lista. Il titolo di quell’articolo infatti era “Seven quick tips for anchor text links in 2013“. Se, da un lato, sono stati onesti  precisando che si trattasse di “quick tips”, quell’articolo ha fatto il giro del web, anche in cima a Inbound.org, come fosse una sorta di “Bibbia anti Penguin”: purtroppo ci sono solo 7 punti che, anche con tutta l’onestà possibile, non aiutano minimamente chi è affetto da Penguin.

3) Marketing persuasivo inconscio

Oltre a questi due segnali di “marketing persuasivo“, ce n’è un altro molto potente, il cui unico scopo è attirare inconsciamente l’utente a leggere (e quindi a fare impression) [se il mio contenuto fosse ottimo e il mio scopo fosse solo quello di divulgare, non avrei alcun motivo di attirare utenti in modo subliminale, no?]. Il trucco è inserire nel titolo dei post una frase emozionale che colpisca direttamente, ma inconsciamente, le abitudini, scelte, idee o convinzioni della persona. Il titolo di questo mio post !!volutamente ironico!! è “5 modi per capire se un blogger ti sta facendo perdere tempo“. Attraverso questa frase, senza neanche conoscervi o sapere chi siete, cosa fate, qual’è il vostro livello di informatica/SEO, io ho preventivamente insinuato che già adesso, in questo istante, voi cari miei lettori state sbagliando qualcosa: state, addirittura, perdendo tempo senza saperlo e io ho la soluzione, quindi dovete leggere per forza. Se il titolo fosse stato “come riconoscere i blogger che fanno perdere tempo“,  nel caso in cui avessimo letto il titolo ma non l’articolo, la reazione inconscia del nostro cervello sarebbe stata:  non ho letto questo articolo, quindi non saprò mai come si riconosce un blogger che fa perdere tempo, pazienza. Con il mio titolo, invece, nel caso in cui non aveste letto l’articolo, il cervello vi avrebbe mandato un’altro segnale inconscio:  non ho letto questo articolo, quindi, probabilmente, continuerò a sbagliare, perché qualche blogger mi sta facendo perdere tempo. Il cervello, avendo inconsciamente percepito la possibilità di un nostro comportamento dannoso attuale e continuo, ci incita maggiormente a leggere quell’articolo, perché ci sentiamo più direttamente coinvolti come vere e proprie vittime. I classici titoli che abusano di questa debolezza mentale potrebbero essere // 10 motivi per cui il fumo passivo uccide chi ti sta intorno (invece di “conseguenze del fumo passivo”) // Perché non stai sfruttando il tuo blog come dovresti (invece di “come utilizzare un blog al meglio”) // Un’altro esempio palese è la pubblicità televisiva di Register.it: invece di dirti “per aumentare i tuoi clienti usa Register“, ti dicono “smettila di mandare via potenziali clienti ogni giorno e quindi usa Register“.

4) Dividere rende più che aggregare

Piuttosto che aggregare contenuti simili in un grande articolo strutturato, come spero sia diventato questo, il “blogger che fa perdere tempo” generalmente, quando vuole puntare su un argomento, crea più articoli che divergono per pochissimi concetti. Se io dovessi fare, ad esempio, un bel post riassuntivo delle mie previsioni SEO per il 2013, probabilmente farei un articolo intitolato “Le mie previsioni per la SEO del 2013” e farei un contenuto molto lungo e dettagliato. Ora, con tutta l’onestà che possedete, quante volte vi è capitato (magari anche con altri argomenti, quello della previsione per il 2013 è solo un esempio) di vedere post dello stesso autore che magari hanno questi titoli:  Previsioni SEO per il 2013 // Come cambierà la SEO nel prossimo anno // In che modo Panda influenza la SEO del 2013 // Come proteggersi da Penguin // Gli annunci di Matt Cutts per la SEO del futuro // La SEO è morta // La SEO è ancora viva // ecc… Tutti questi titoli, con piccolo content annesso, si sarebbero perfettamente integrati all’interno di un unico articolo corposo, che avrebbe sicuramente riscosso più successo in termini di engagement , condivisioni e commenti (ma non di AdSense..). Voi, ad esempio, linkereste e citereste nel vostro blog il mini-articolo di un collega che parla di “Come proteggersi da Penguin”? Forse no. Ma se un SEO propone un gran bell’articolone sulle previsioni SEO del 2013 parlando dettagliatamente di tutti i punti che abbiamo detto sopra? Non vi verrbbe voglia di leggere, commentare, citare e, se necessario, contestare e dibattere? a questo servono i blog!

5) Quantità e qualità

Un altro meccanismo per capire se un blogger ti sta facendo perdere tempo è la frequenza di pubblicazione. Lo lascio per ultimo perché è molto aleatorio e non è preciso come i precedenti. Chi riesce a pubblicare 10-20 articoli SEO al giorno sul proprio blog o non fa SEO, o ha qualcuno che scrive per lui o scrive fregnacce (non vedo altre possibili spiegazioni). E’ tecnicamente impossibile dare la giusta importanza e il giusto livello di profondità e dettaglio a 10 articoli in un solo giorno. (Solo per ideare questo articolo e scrivere qualcosa di sensato, prima di rifinire tutto, mi ci sono volute almeno un paio di ore). Se non da un punto di vista “contenutistico“, scrivere 10 (ma anche 3-5, secondo me) articoli di qualità al giorno è tecnicamente impossibile: anche se riuscite a scrivere sulla tastiera a velocità inimmaginabili ci sono proprio dei limiti umani (e quello che vi parla è un record di velocità su tastiera sia in europa sia alle Olimpiadi Microsoft :P). Dopo un certo periodo di tempo, credo, che anche un post a settimana sia difficile da mantenere. Se vogliamo mantere uno standard particolarmente elevato (che, come abbiamo capito, interessa sopratutto a chi vuole contribuire, non a chi bada solo al CTR degli ads), qualcuno potrebbe dire che l’ottimo sarebbe un gran bell’articolo ogni 10 giorni. Basta guardare l’esempio del Whiteboard friday di SEOMoz, anche se ci sono (50? 100?) dipendenti dentro quell’agenzia, dopo un pò non sanno più che inventarsi e (purtroppo) devono fare dei video un pò inutili per non mancare all’appuntamento. Sempre per parlare dei grandi big-blogs-of-SEO, avrete sicuramente notato che tra i grandi blog c’è sia chi enfatizza i singoli post ricchi di contenuto (come Distilled o Seobook  per dirne due) e chi invece punta tutto sulla quantità dei contenuti a scapito, c’è da essere onesti, della qualità (come SearchEngineWatch).

Conclusione e note finali

Anche se questa è la conclusione, devo sottolineare un bel pò di cose 🙂

I punti che ho dibatutto sopra sono, logicamente, ampiamente aleatori, nel senso che un blogger non è automaticamente un “causatore di perdita di tempo” ( non trovavo l’espressione giusta 😀 ) se rispetta tutti i punti. Ci sono moltissimi articoli che hanno il numero nel titolo, che hanno miniliste, ecc, che sono comunque di ottima qualità. Io ho parlato solo di un “pattern” che si ripete, di linee generali che vedo sempre più associate a “quel modo” di concepire il blogging.

C’è anche da dire, che ci sono moltissimi articoli di scarsa o assente qualità che non rispettano minimamente questi parametri 🙂

Come vi ho già spiegato, io ho usato il titolo volutamente “persuasivo” solo per ironia. Non ho la presuzione di poter giudicare in modo indiscutibile le attività degli altri. E, se c’è anche bisogno di dirlo, quando io faccio questa critica ai blogger di “un certo tipo”, sto ovviamente criticando i loro articoli, e non la persona. Mai e poi mai mi permetterei di giudicare gli autori o blogger che scrivono ciò di cui ho parlato. La mia è una critica all’attività che svolgono e non alle persone (che possono tranquillamente essere le persone migliori del mondo, con cui anche io potrei avere tranquillamente ottimi rapporti). La critica, infatti, è diretta al modo di concepire il blogging SEO/informatico che, secondo me, deve essere rivalutato, “scollato” da tristi logiche pubblicitarie e autoreferenziali e “elevato” a uno standard qualitativo un pò più alto.

Infine, fatemi dire che io non ce l’ho assolutamente con nessuno in particolare. Se le mie critiche hanno turbato e irritato qualcuno mi scuso in anticipo perché non è assolutamente questo il mio scopo.

Al mio via scatenate l’inferno!

Chiunque abbia voglia di commentare, ringraziare, criticare (insultare? :D) è libero di farlo:  lo spazio dei commenti, qui sotto, serve proprio a questo!

E dato che l’unico mio interesse è divulgare e discutere, mi farebbe (veramente) piacere conoscere la vostra opinione riguardo ciò che ho scritto, positiva, neutrale o negativa che sia!

PS. spero vivamente di non essere un blogger che vi ha fatto perdere tempo 🙂

[message_box type=”info”] PPS. Emanuele Tolomei ci consiglia questo post di approfondimento di Blueglass.com che, ironia della sorte, inizia con un numero ma è fatto bene 😛 [/message_box]

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